A proposito di scrittura: alcuni stimoli per la  riflessione

Ti propongo una parte di un'interessante intervista ad  Anna Ronchi, una dei fondatori nel 1991 dell'Associazione Calligrafica Italiana e Presidente Onorario della stessa.  

Trovo utile il contributo di chi ha fatto dello studio e della pratica della scrittura, nelle sue forme più evolute, come stimolo alla riflessione che deve accompagnare la didattica di una scrittura adulta e coerente con il senso che ha la scelta  di un carattere piuttosto che un altro nell'alfabetizzazione. Personalmente ritengo che sia il caso di abbandonare

il pre-giudizio (inteso come giudizio a priori, privo di riscontri validati) di una presunta idoneità - quasi esclusiva - del carattere stampato maiuscolo nella didattica della scrittura - e spesso anche della lettura - rivolta ad analfabeti adulti. Si tratta, a mio avviso, del retaggio di esperienze condotte, spesso con modalità discutibili e non da tutti condivise, in vecchie ricerche (anni '60/'70) condotte nella scuola primaria. Oggi è necessario ricercare nuove proposte per nuovi destinatari!

Disortografia e discalculia: e se c’entrasse anche il mancato insegnamento della calligrafia?

3 gennaio 2018

www.orizzontescuola.it/disortografia-discalculia-centrasse-anche-mancato-insegnamento-della-calligrafia/

 

Il corsivo 1.0: la proposta della Associazione Calligrafica Italiana

Anna Ronchi si è formata presso la Scuola Politecnica di Design di Milano (in Visual design) e ha ottenuto il celebre diploma in calligrafia e rilegatura del Roehampton Institute of Higher Education di Londra; ha contribuito a diffondere la calligrafia in Italia tramite l’insegnamento e le attività dell’ACI, di cui è stata una dei fondatori nel 1991.

 

Dottoressa Ronchi, la scrittura corsiva è trascurata da molto tempo nelle nostre scuole e da più parti c’è la tendenza a considerarla un vero e proprio retaggio del passato. L’Associazione Calligrafica evidentemente punta a un recupero di questa tecnica, ma quali sarebbero i vantaggi sul benessere e sul rendimento scolastico degli studenti?

“La nostra associazione opera ormai da 25 anni per preservare e diffondere l’arte della calligrafia ed inizialmente si rivolgeva a persone adulte che volevano conoscere questa arte, che non era più praticata né come disciplina grafica né come materia poiché non esiste più nelle nostre scuole dal 1972; col passare del tempo ci siamo accorti, però, che nelle ultime generazioni l’utilizzo della scrittura manuale rappresenta in molti casi un vero problema. L’esperienza quotidiana ci mette spesso di fronte a grafie scarsamente leggibili, faticose, che spesso sono il risultato di condizioni di scrittura disagevoli, ardue, che generalmente hanno ricadute anche sulla costruzione grammaticale e, quindi, sulla capacità di esprimersi nella propria lingua, come ormai vanno affermando anche molti studi”.

 

Questo non è sempre vero, però.

“Le situazioni sono senz’altro molteplici, tali e tante sono le varianti e le combinazioni che possono verificarsi, ma la scuola ha il dovere, secondo noi, di non trascurare la scrittura quale strumento fondamentale di espressione; l’osservazione e lo studio dei casi più difficili ci ha spinto a interessarci in prima persona all’argomento. Le nostre ricerche sono iniziate qualche anno fa attraverso alcuni questionari rivolti agli insegnanti della scuola primaria attraverso i quali abbiamo potuto ricostruire un panorama fedele dei modelli e delle pratiche più diffusi per l’insegnamento della scrittura. Ci siamo accorti, per esempio, che molti libri di testo presentano modelli approssimativi senza qualità estetiche e privi di indicazioni sul movimento che deve fare la mano per tracciare le lettere. Se il modello non indica i movimenti e le direzioni e se l’insegnante non da dimostrazioni alla lavagna, il bambino non può apprendere i movimenti necessari per eseguire le lettere”.

 

Quasi un messaggio implicito che vuol dire: ognuno faccia come crede…

“O come può. La scrittura è una disciplina motoria a tutti gli effetti e se a un bambino non vengono assicurati gli strumenti per svilupparne una adeguata alle sue esigenze, lui imparerà a cavarsela proprio come può, spesso pagando il prezzo di lentezza, scarsa chiarezza. Così,

in assenza di obiettivi ministeriali ben definiti, abbiamo lavorato a una proposta didattica priva di ambiguità, che supportasse gli insegnanti superando le incongruenze viste sui libri. In questo modo è nato il Corsivo 1.0”.

 

Il nome rimanda all’universo del digitale, c’entra qualcosa?

“Sì, certamente, io volevo comunicare il senso di una scrittura proiettata nella nostra epoca. Il modello proposto è comunque un corsivo che prevede una scrittura legata, fluida, scorrevole, veloce, che dovrebbe accompagnare i bambini e i ragazzi per tutto l’arco dei loro studi. È dall’Ottocento che nel nostro Paese si insegna sempre lo stesso modello risalente al Corsivo Inglese, un tempo era più inclinato, ora è più diritto, ma alcune semplici modifiche potrebbero renderlo più adatto alle esigenze del mondo di oggi”.

 

Quali sono le modifiche più importanti al modello che tutti conosciamo?

“Ce ne sono diverse, ma quella che risalta di più è la sostituzione delle maiuscole corsive con le maiuscole geometriche, quelle dello “stampatello”, che ritroviamo nel mondo della comunicazione e dell’editoria (basti pensare ai titoli dei manifesti pubblicitari) e che risalgono alle maiuscole dell’alfabeto latino epigrafico, senza contare che sono le prime lettere che il bambino impara a tracciare fin dalla scuola dell’infanzia.

L’altra caratteristica del Corsivo 1.0 consiste nell’aver eliminato i tratti di entrata delle lettere tonde, per conservare solo i tratti di uscita, quelli che effettivamente servono a collegare una lettera alla successiva. Il mio corsivo presenta altri dettagli e forme semplificate perché ritengo necessaria una riforma della scrittura”.

 

Lei propone, quindi, di unire lo stampatello maiuscolo a un corsivo minuscolo semplificato e più affine ai caratteri stampati, una pratica che sembra già abbastanza radicata nelle abitudini scrittorie di ragazzi e adulti…

“Segno evidente che nemmeno gli adulti concepiscono più la scrittura come un esercizio stilistico, ci basti pensare che persino il Ministero dell’Istruzione ha rinunciato alla sua intestazione in corsivo. Sia io che altri calligrafi in Italia e all’estero sosteniamo la necessità di insegnare un nuovo modello, l’italico, che pur adatto alla scrittura veloce e legata, ha più similitudini con un moderno carattere da stampa.

Ha un tracciato più semplice del corsivo, non ha gli occhielli ma le aste dritte”.

 

Perché a un certo punto si sente l’esigenza di abbandonare il corsivo?

“I ragazzi più grandi abbandonano il corsivo perché a loro sembra una scrittura troppo scolastica, troppo rotonda, infantile, così guardano le grafie degli adulti, i caratteri stampati e si fanno condizionare da essi; tuttavia queste modifiche al loro stile avvengono in maniera spontanea,

non guidata, diciamo pure che ognuno impara ad arrangiarsi spesso a prezzo di lentezza e di scarsa decifrabilità. Noi, invece, proponendo l’Italico fin dalle prime classi della primaria insegneremmo un unico modello facilmente adattabile alle esigenze future”.

 

Man mano che il bambino cresce diminuiscono anche le occasioni di scrittura manuale a vantaggio di quella digitale, è un fattore che avete considerato?

“Ci si dovrebbe impegnare per tenere viva l’attenzione e l’educazione al gesto scritto, anche con l’ausilio di esperti esterni. Cambiare

il modello sarebbe l’optimum dal nostro punto di vista perché la nostra proposta sarebbe valida per tutte le età, presenterebbe molte novità, sarebbe più leggibile e aperta alle personalizzazioni”.

Corriere della Sera 23/07/2017

"Non siamo invasi dai migranti, come rileva l’ultimo aggiornamento Istat, ma gli stranieri che arrivano in Italia sono sempre meno qualificati, meno istruiti e meno produttivi, mentre nel resto dell’Unione Europea è in corso una trasformazione in direzione opposta. L’Italia in effetti spicca perché registra la più alta quota di stranieri con al massimo la licenzia media: compongono il 47% della popolazione residente nata all’estero, mentre in Francia e Germania sono un terzo. La caduta nell’istruzione dei residenti stranieri si spiega anche con gli sbarchi.

I richiedenti asilo sono in gran parte privi di istruzione e rappresentano il tipo di persone che altri governi europei preferiscono confinare in Italia. In aumento anche il numero dei giovani italiani laureati che vanno all’estero."

Zuppa di...Porro

...la tesi del Corriere della Sera, avvalorata da quei dati dell’Istat, è che in Italia arrivino immigrati senza istruzione e quindi immigrati che potenzialmente sono meno utili al nostro paese, a differenza di quanto avviene in Germania, in Francia e in altri paesi in cui i loro immigrati sono LAUREATI! Mettiamola così...comunque sono decisamente molto più istruiti dei nostri. Questa è la tesi del Corriere della Sera. La prima riga del pezzo è la seguente, in prima pagina: “ Non siamo invasi dai migranti”. È una frase sbagliata, è una frase scorretta, una frase che non ha alcun senso...perché si vuole sempre dare (...omissis) un colpo al cerchio e uno alla botte, mettete voi il luogo comune che vi piace di più. È una stupidaggine, perché poi quando si va a leggere il pezzo, in cui la tesi fondamentale è quella che io condivido e che tutti ovviamente condividono - e poi vedremo i numeri esatti – che i migranti italiani, irregolari per altro per gran parte, sono addirittura per un quarto analfabeti...analfabeti, non conoscono l’alfabeto... beh, il tema fondamentale quando si va a parlare di migranti, le statistiche dell’Istat, com’è evidente, non tengono in considerazione gli irregolari. Cioè la gran parte delle persone che vengono in Italia non ottengono il diritto all’asilo o allo status di rifugiato. E allora di che cacchio stiamo parlando! Di che cavolo stiamo parlando! Cioè il dato è ancora peggiore: c’è l’invasione e l’invasione è fatta da gente che non ha una scolarizzazione decente, vabbene? Ci sono entrambe le cose, quindi non c’è un dato, diciamo, di mancanza d’invasione...c’è pure l’invasione! C’è pure quella, c’è pure quella! Bene.

Il direttore dell’Ispi dice, e fa un ragionamento sempre sul Corriere della Sera, dice che 1 su 4 di questi immigrati, cioè quelli REGOLARI! Non quelli che voi vedete alle stazioni che bighellonano, quelli regolari...non hanno la conoscenza dell’alfabeto, non quello italiano, di qualsiasi alfabeto, sono A-N-A-L-F-A-B-E-T-I! E tu che ci fai con gli analfabeti?

E ci ricorda poi un altro dato fondamentale, incredibile, che il 5% degli immigrati in Italia sono minori non accompagnati. Immagino che questi siano gli irregolari...ma comunque sia il fenomeno raccontato da questo numeri è molto più grave di quanto si potrebbe immaginare.

 

24 luglio 2017

 

Quasi un italiano su tre è analfabeta funzionale

 

Secondo dati Unesco il 28% degli italiani risulta essere analfabeta funzionale, percentuale condivisa in Europa con la Spagna, che condivide così con noi il penultimo posto in Europa in quanto a competenze in lettura e scrittura.

“L’alfabetizzazione non consiste solo nel saper leggere, scrivere e fare di conto, ma è un contributo all’emancipazione di ogni essere umano e al suo completo sviluppo. Fornisce gli strumenti per acquisire la capacità critica nei confronti della società in cui viviamo, stimola l’iniziativa per sviluppare progetti che possano agire sul mondo e trasformarlo, e fornisce le capacità per vivere le relazioni umane. L’alfabetizzazione non è fine a se stessa, è un diritto fondamentale dell’uomo” ( UNESCO 1975).

 

Gli ultimi dati raccolti dallo UIS, l’ Istituto di Statistica UNESCO, raccontano di un’alfabetizzazione mondiale dell’86% della popolazione dai 15 anni in poi. Considerando le diverse zone del pianeta, nell’Asia meridionale vive il 49% della popolazione non alfabetizzata . La percentuale è del 27% in Africa subsahariana, del 10% in Sud-est asiatico, del 9% in Nord Africa e in Asia occidentale e intorno al 4% nei Caraibi e in America Latina. Altra misura, 2% del totale, l’analfabetismo in Asia centrale, Europa, Nord America e Oceania, il cosiddetto “mondo occidentale”.

A livello globale, la differenza di alfabetizzazione tra uomini e donne è del 7% negli adulti (M. 90%, F.83% ). La disparità di genere è ancora molto evidente in Nord Africa, Asia occidentale, Asia meridionale e Africa subsahariana: la differenza arriva anche al 20%.

 

Guardiamoci in casa

In Italia, l’alfabetizzazione sfiora il 100%: nel 2011 il tasso di alfabetizzazione nella popolazione adulta corrispondeva al 98,8% e al 99,8% per i giovani tra i 15 e i 24 anni.

Ma di fatto una buona percentuale delle persone che sanno leggere e scrivere possono essere considerati degli analfabeti funzionali, in quanto incapaci di usare queste capacità nella vita quotidiana e che spesso, in aggiunta, non comprendono i linguaggi delle nuove tecnologie.

Infatti la famosa indagine Ocse-Piaac pubblicata nel 2016 evidenzia che in Italia il 28% delle persone tra i 16 e i 65 anni fa parte dei cosiddetti analfabeti funzionali.

 

Ma chi è l’analfabeta funzionale?

Non si parla in questo caso di persone incapaci di leggere o fare di conto, piuttosto di persone senza le competenze richieste dalle varie situazioni di una vita quotidiana via via più complessa, sia nel lavoro, sia nella gestione amministrativa e finanziaria, sia ne tempo libero, oppure di fronte ai linguaggi delle nuove tecnologie. Chi è analfabeta funzionale quindi non pur essendo in grado di capire testi molto semplici, non riesce a elaborarne e utilizzarne le informazioni. 

leggiescrivi1@gmail.com

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Percorsi e materiali didattici

per l'insegnamento della lettura e della scrittura

attraverso la lingua italiana

ad adulti non madrelingua

VOLUME 1 (livello ALFA)

pagg. 121 + IV

VOLUME 2 (livello preA1)

pagg. 145 + III

immagini di Pietro Licata

copertina di Paolo Zanasco 

progetto "Leggi e scrivi"

di Nereo Turati 

già docente alfabetizzatore

CPIA Vicenza


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